Sarebbe errato denunciare
l’assenza di cultura di Grillo e del Movimento 5 Stelle e credere di poterne in tal modo
disinnescare gli effetti
devastanti sul sistema politico italiano: lo fa già Sgarbi che li chiama capre
e li accusa di non sapere nulla
delle bellezze dell’Italia. Una strategia completamente improduttiva e
nonostante questo trrasversale agli schieramenti politico-ideologici: infatti
non appartiene, come è il caso di
Sgarbi, solo alla destra, ma è una tentazione, quella di accusare i grillini di
ignoranza, che alberga soprattutto nelle fila degli elettori del PD che una lunga opera di sistematica
distruzione dei classici del pensiero comunista ha abituato a sostituire alle
differenze di classe quelle dei gradi di acculturazione, dimenticando che anche
quando sia il più bello del mondo il patrimonio culturale è sempre un’ideologia
del vincitore o che la cultura dominante coincide in ogni caso con quella della
classe dominante.
La cultura di cui vorrei parlare
non è quella che s’impara a scuola
e che nei casi migliori indica la compresenza di vaste conoscenze, soprattutto letterarie e artistiche -
scientifiche molto meno - e di un
gusto abbastanza raffinato per poterle da un lato riconoscerle e
dall’altro apprezzarle. Più utile mi sembra un’altra nozione di cultura, quella
che la lega all’uso di un medium, termine col quale si indicano due cose
intrecciate: il supporto di memoria su cui l’umanità di volta in volta
iscrive e conserva le informazioni
non genetiche - papiro, carta, stampa, nastro registrato, microchip - e, unito
a ‘mass’, il mezzo di comunicazione di massa con cui l’informazione accumulata
viene fruita da quell’invenzione moderna che è la folla. Se è vera la formula
che il medium è il messaggio, la cultura allora dipende integralmente dal
medium di massa che di volta in volta domina nel panorama delle tecniche atte alla conservazione
e trasmissione di tutte le informazioni necessarie alla specie umana per
continuare la sua storia.
Rischia la banalità la notazione
che la cultura di chi si riconosce nella tradizione del PCI di cui il PD con
tutte le varianti resta nel bene e nel male l’unico erede è integralmente
determinata dal medium tipografico. La stampa con la sua chiara disposizione
delle lettere sulla pagina bianca, con l’obbligo della lettura da sinistra a
destra e dall’alto in basso, è stata il più potente fattore di disciplinamento
del pensiero e ha abituato il
lettore moderno all’argomentazione razionale, alla disposizione sintattica,
alla visione panoramica, al gusto del particolare unito alla comprensione
dell’insieme. È la cultura alta, divenuta oggi la semicultura dei ceti medi
riflessivi, di cui parlavo prima, la cultura del libro.
Dalla fine dell’ottocento il
medium tipografico viene scalzato dall’apparizione dei media elettrici -
telegrafo, telefono, radio, cinema e televisione - che ripristinano attraverso
l’uso elaborato della tecnologia il primato della trasmissione orale contro la
supremazia della scrittura o piuttosto quello della scrittura ideografica o
addirittura geroglifica contro
quella tipografica-alfabetica. Venendo a nostri giorni è il trionfo
della tv generalista, ossia della sfera del consumo su quella della produzione,
del piacere individuale sul bene collettivo, dell’analfabetismo sul possesso
del sapere. Nessuna meraviglia che il rappresentante del medium più potente
nella fase storica del capitalismo consumistico sia assurto alla direzione politica della società italiana.
Come tutti sanno il medium di Grillo è la rete. Per la verità
Grillo incarna il passaggio mediale fra la tv generalista di cui fa un uso
indiretto e la rete: in gioventù è stato un esponente della prima per poi, dopo
un periodo di latenza, ricomparire nella seconda. Un discorso a parte meriterebbe
il fatto che proprio a causa dei mass media il comico - e Grillo ha anticipato
le Sabine Guzzanti, i Roberto
Benigni, i Maurizio Crozza ecc. - abbia sostituito la vecchia figura dell’intellettuale di sinistra e
quella più recente del giornalista acculturato. Mentre la tv generalista è
profondamente individualista, la rete costruisce comunità orizzontali labili e
in gran parte fantasmatiche (quelle dei social network) che hanno bisogno per
durare di un’identificazione verticale che stia dentro e fuori il medium.
Perché questo? Perché la cultura veicolata dal medium della rete - il cui
modello è la schermata di Google - ha la forma della colonna continua.
L’argomento cercato e quindi il
sapere corrispondente, non si dispone come in un dizionario o un’enciclopedia,
né si articola come nelle scritture tipografiche in
gerarchie sintattiche, ma si presenta come un elenco, anzi nemmeno un elenco
che - si pensi a quello
delle donne di don Giovanni - è comunque discreto, bensì come una grandezza continua senza scansioni, senza
interruzioni e senza differenze. Tutto è eguale sulla superficie dello schermo,
tutto vi scorre simile a quel fiume
nel quale secondo Eraclito non si può mai essere bagnati due volte dalla
stessa acqua. Ma forse quello di Eraclito è un modo immaginifico per dire che
l’essere che noi stessi siamo, una volta che si trovi deprivato di ogni forma, è sciorda, che l’essere come puro
divenire se ne va tutto in merda. La cultura di Grillo e dei 5 stelle, nella
misura in cui è la cultura del medium rete preso senza alcuna precauzione, è
una diarrea mediatica, un flusso continuo, un blob che travolge gli individui dissolvendoli. Niente lo ferma
eccetto il farmaco: Grillo da questo punto di vista è la medicina che blocca il
flusso e fa diventare tutti
stitici. Intravedo all’orizzonte il trionfo del carattere anale: niente
sprechi, niente avventure inutili, niente voli pindarici, solo ordine, pulizia, astinenza, povertà, decrescita
felice. La felicità che sognano tutti i dittatori: quella senza desideri.