sabato 5 marzo 2011

CREATURE

Nello scolio della proposizione 39 del quarto libro dell’Etica Spinoza scrive: «infatti non oso negare che il corpo urnano, perdurando la circolazione del sangue, e le altre cose per cui si stima che il corpo viva, possa tutttavia mutarsi in un’altra natura del tutto diversa dalla sua. Nessuna ragione infatti mi costringe ad affermare che il corpo muore soltanto se si muta in cadavere; anzi la stessa esperienza sembra che insegni diversamente» 1 . E prosegue, ricordando a esempio di quanto afferma, il caso di ‘un certo poeta spagnolo’ divenuto folle a tal punto da non riconoscere i suoi stessi scritti; e senza soluzione di continuità, quello, apparentemente normale, ma in realtà inquietante, del passaggio dall’età infantile a quella adulta che comporta la totale dimenticanza di ciò che si era.

mercoledì 2 marzo 2011

Abbozzo per il programma della Critica e della Filosofia della storia espresso sotto forma di tesi

(Questo è un testo giovanile, forse il primo che abbia mai scritto. L’ho lasciato intatto con tutti i suoi difetti: il tono sentenzioso, le maiuscole eccessive, l’imitazione smaccata. Oggi non scriverei in questo modo, forse non penserei neppure le stesse cose. Ma qualche direzione di marcia si intravede ancora. Al di là della tenerezza è questa la ragione per cui lo rendo pubblico).

I
L'essenza dei Tempi Moderni è la storicità, ma l'esser storico è ciò che è sottomesso al rimando. L'evento storico vale soltanto per ciò che annunzia e prepara, mai per se stesso. Più l’Historismus ha puntato i piedi sulla differenza e l'irripetibilità dell'evento, più questo si è visto espropriato della sua verità. Per la comprensione dell’Historismus vale meno la riduzione della differenza ad un senso progressivo o regressivo, poco importa, in cui s'appaesi, quanto il fatto che quest'ultimo cada fuori da ciò che è storico. Per quanto l’Historismus s'affatichi ad affermare il futuro come incremento e novità, esso è sempre pensiero della restaurazione del senso, che non è più immanente alla storia. Che sia posto prima, come origine, o dopo, come meta, il senso è comunque dato come altro dalla storia, come negativo. Per questo, dietro la maschera della restaurazione, l’Historismus mostra il suo aspetto nichilista. Non come l'essenza che si nasconde dietro ciò che appare, ma come l'altra faccia di una stessa medaglia. Contro il suo stesso volere l’Historismus lavora per la fine della storia. Poichè mira alla restaurazione del senso, posto di fronte alla sua impossibilità, degrada nell'assenza di senso: in entrambi i casi non c'è più storia. La sua parola d'ordine è: ‘La prossima volta non ci lasceremo sconfiggere’. E lavora alla sua perdita. Il suo vero volto è in realtà la facies saturnina della ripetizione del disperatamente identico. Rende eterno il moderno senza consegnarlo al passato. È il mantello arlecchinesco che nasconde il vuoto dei Tempi moderni.