lunedì 12 dicembre 2011

Colonna continua 4



1) Quali considerazioni trarre dalle ultime vicende politiche italiane e dalla formazione del governo del presidente o governo tecnico o istituzionale o di larghe intese o di emergenza nazionale o come diavolo lo si voglia definire? Come  ha fatto notare Ernesto Galli della Loggia (Corriere della sera, 12/12/2011) il governo Monti in quanto governo del presidente è anche se in un modo non formalizzato l’applicazione del principio dello stato d’eccezione: il presidente della repubblica interpretando in maniera estesa i poteri accordatigli dalla costituzione ha di fatto costretto alle dimissioni il precedente governo e al di fuori di qualunque procedura democratica - il voto - ha nominato di sua inziativa il nuovo governo di cosiddetti tecnici costringendo i partiti politici maggiori (soprattutto il partito democratico da cui proviene e che avrebbe vinto facilmente le elezioni) ad appoggiarlo in parlamento sulla base del rischio di bancarotta finanziaria dello stato.

sabato 20 agosto 2011

Colonna continua 3






1)  In un libro non recente di Jacques Rancière, Ai bordi del politico (1998),  ma solo adesso tradotto in italiano (Cronopio 2011), trovo la più bella definizione della democrazia che mi sia capitato d’incontrare: la democrazia è «l’autoregolazione anarchica del molteplice tramite la decisione della maggioranza».

martedì 16 agosto 2011

Segno e pittura. L'arte come menzogna


  Questo è il mio contributo per il catalogo della mostra del pittore Rino Volpe intitolata ‘Soprapensieri sulla poesia di Nietzsche’ tenutasi a Napoli nel 1990.
  

I quadri di Rino Volpe pongono immediatamente una questione: quella del rapporto possibile fra il testo letterario e/o filosofico e l'iscrizione grafico/pittorica. Frasi intere, decontestualizzate dal corpus cui tutto un certo regime di proprietà e di attribuzione, un certo lavorio febbrile dell'acribia filologica, una certa strategia dell'arte interpretativa, insomma tutto un ordine del discorso, le destinava, passano, come in uno stato di 'soprapensiero', sulla superficie della tela e si trovano iscritte in un altro discorso, sottoposte ad un'altra legge dell'incorniciatura, prese in un altro percorso della scrittura.

lunedì 15 agosto 2011

La pace e la complessità




 Nel 1991 in occasione della prima guerra del golfo fu organizzato un seminario sulla guerra da un gruppo di  ricercatori e di studenti della Facoltà di lettere e filosofia dell’Università di Napoli: questo è il testo del mio intervento.

Leggo sul numero di febbraio di Linea d'ombra la trascrizione di una conferenza tenuta nel novembre '90 da Johan Galtung, fondatore dell'International Peace Research Institute di Oslo ed esperto di teoria dei conflitti. Ciò che mi colpisce non è soltanto la lungimiranza di un'analisi in grado di prevedere quasi tutto quello che è accaduto in seguito, ma soprattutto quel che chiamerei l'assiomatica che guida la ricerca e che permette la formulazione di una congettura così precisa da corrispondere poi quasi interamente alla realtà degli eventi. Se si vuole comprendere una situazione, tentare di individuarne le linee di tendenza, è da irresponsabili affidarsi unicamente ad una descrizione vagamente fenomenologica dei fatti; è necessaria invece una teoria che individui delle leggi di struttura; sono necessari, per usare l'espressione di Galtung, dei teoremi, proprio come quelli della geometria che soli ci permettono di pensare la realtà dello spazio.

Due lezioni sul Barocco




Nel 1990 l’Università Federico II di Napoli in collaborazione con il Ministero degli Affari Esteri organizzò un seminario di studi sul Barocco. Quelli che seguono sono i testi delle due lezioni che mi furono affidate.


 1) Il Barocco come epoca di decadenza
Nell'Ursprung des deutschen Trauerspiels, rife­rendosi al Barocco, Walter Benjamin sottoponeva ad una critica serrata il concetto di decadenza storica. Che fosse applicata alla sfera dell'arte, figurativa e letteraria, o alla società nel suo complesso, la categoria storiografica della 'decadenza' non poteva mostrare che il suo carattere ideologico. Interpretando come puro azzeramento, tramonto della forma, il nuovo stile o le nuove forme di vita, una storiografia retriva s'impediva di vedere l'autonomia di ogni epoca storica, l'indice storico che le apparteneva in proprio.

L'esperienza e il taglio. Per un'estetica del dispiacere


  Nel 1990 Alberto Abruzzese organizzò a Napoli un  convegno dedicato al tema Estetiche del dis/piacere, immagine e complessità sociale. Quello che segue è il testo del mio intervento.

Nella sezione della Critica del giudizio dedicata all'analitica del sublime, Kant sposta nel campo della teoria quelle modifiche della sensibilità e del gusto che fino ad allora erano state considerate soltanto sotto un'angolatura psicologica. Il sublime, nome sotto il quale si rubrica, già con Burke, quel lato dell'emozionale che prende abbrivo dal terribile e che provoca, dunque, più dolore che piacere, investe in Kant lo statuto del soggetto ed insieme quello dell'esperienza di cui il primo aspira ad essere il titolare legittimo.

venerdì 10 giugno 2011

Colonna continua 2

 
1) Ci risiamo: di nuovo si assiste alla stucchevole discussione se votare sia un diritto o un  dovere o entrambe le cose. Se si possa invitare la gente a non votare, se gli uomini politici siano chiamati a dare il buon esempio andando a votare o possano dichiarare impunemente che non andranno a votare. La discussione questa volta verte sul quorum da raggiungere per rendere valido un referendum, ma è la stessa che si apre ad ogni tipo di votazione, politica e amministrativa.

domenica 15 maggio 2011

Colonna continua 1


1) In riferimento alle pagine del seminario di Foucault del 1970-1971 Lezioni sulla volontà di sapere, bisognerebbe trattare il concetto di pre-diritto elaborato da Gernet come  quello di preistoria secondo Benjamin o in generale secondo il concetto di storia originaria o storia delle origini. Il pre-diritto non è un passato che possiamo solo ricostruire senza  che abbia più alcun significato vivo per noi adesso, è invece un passato che resiste e non passa, che è contemporaneo al presente che noi siamo, che riemerge costantemente destituendo il diritto o mostrandone la radicale infondatezza.

sabato 5 marzo 2011

CREATURE

Nello scolio della proposizione 39 del quarto libro dell’Etica Spinoza scrive: «infatti non oso negare che il corpo urnano, perdurando la circolazione del sangue, e le altre cose per cui si stima che il corpo viva, possa tutttavia mutarsi in un’altra natura del tutto diversa dalla sua. Nessuna ragione infatti mi costringe ad affermare che il corpo muore soltanto se si muta in cadavere; anzi la stessa esperienza sembra che insegni diversamente» 1 . E prosegue, ricordando a esempio di quanto afferma, il caso di ‘un certo poeta spagnolo’ divenuto folle a tal punto da non riconoscere i suoi stessi scritti; e senza soluzione di continuità, quello, apparentemente normale, ma in realtà inquietante, del passaggio dall’età infantile a quella adulta che comporta la totale dimenticanza di ciò che si era.

mercoledì 2 marzo 2011

Abbozzo per il programma della Critica e della Filosofia della storia espresso sotto forma di tesi

(Questo è un testo giovanile, forse il primo che abbia mai scritto. L’ho lasciato intatto con tutti i suoi difetti: il tono sentenzioso, le maiuscole eccessive, l’imitazione smaccata. Oggi non scriverei in questo modo, forse non penserei neppure le stesse cose. Ma qualche direzione di marcia si intravede ancora. Al di là della tenerezza è questa la ragione per cui lo rendo pubblico).

I
L'essenza dei Tempi Moderni è la storicità, ma l'esser storico è ciò che è sottomesso al rimando. L'evento storico vale soltanto per ciò che annunzia e prepara, mai per se stesso. Più l’Historismus ha puntato i piedi sulla differenza e l'irripetibilità dell'evento, più questo si è visto espropriato della sua verità. Per la comprensione dell’Historismus vale meno la riduzione della differenza ad un senso progressivo o regressivo, poco importa, in cui s'appaesi, quanto il fatto che quest'ultimo cada fuori da ciò che è storico. Per quanto l’Historismus s'affatichi ad affermare il futuro come incremento e novità, esso è sempre pensiero della restaurazione del senso, che non è più immanente alla storia. Che sia posto prima, come origine, o dopo, come meta, il senso è comunque dato come altro dalla storia, come negativo. Per questo, dietro la maschera della restaurazione, l’Historismus mostra il suo aspetto nichilista. Non come l'essenza che si nasconde dietro ciò che appare, ma come l'altra faccia di una stessa medaglia. Contro il suo stesso volere l’Historismus lavora per la fine della storia. Poichè mira alla restaurazione del senso, posto di fronte alla sua impossibilità, degrada nell'assenza di senso: in entrambi i casi non c'è più storia. La sua parola d'ordine è: ‘La prossima volta non ci lasceremo sconfiggere’. E lavora alla sua perdita. Il suo vero volto è in realtà la facies saturnina della ripetizione del disperatamente identico. Rende eterno il moderno senza consegnarlo al passato. È il mantello arlecchinesco che nasconde il vuoto dei Tempi moderni.